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Abstracts

Ballesteros-Rosas, Luisa
Baviera Puig, Tomás -- Mora Fandos, José Manuel
Bellini, Pier Paolo
Braga, Paolo
Brenes, Carmen Sofía
Cabrera Valverde, Jorge Mario
Castellvi, Miguel
Chirinos, María Pía
Cogliandro, Giovanni
Cotta Ramosino, Laura
Cotta Ramosino, Luisa
De Ritis, Luisa
Di Paolo, Paolo
Diez Bosch, Miriam
Fumagalli, Armando
Fuster, Enrique
García-Noblejas, Juan José
Latorre, Jorge
Mansur, Juan Carlos
Marras, Lorenzo
Martínez Illán, Antonio
Méndiz, Alfredo
Monda, Andrea
Muruzábal, Amaya
Noguera Tajadura, María
Ospina, Helena
Perna, Valerio
Picariello, Enrico
Rocha Scarpetta, Joan-Andreu
Salazar, Jesús
Sánchez-Escalonilla, Antonio
Tardivo, Marie-Aude
Valembois, Victor
Way, Maria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Ballesteros-Rosas, Luisa

Reencuentros y regresos de Meira Delmar

De hondo contenido espiritual, la obra poética de Meira Delmar nace del tema del amor, como elemento trascendental del ser humano. Aunque se nutre del mundo que la rodea: el mar, la rosa, las estaciones, el campo; se sustenta en la belleza, como reflejo de perfección divina. El paso del tiempo, la brevedad de la vida, la nostalgia del pasado, la búsqueda del amado y el temor al olvido son conceptos que recorren su obra, haciéndola regresar continuamente sobre sí misma.

 


Baviera Puig, Tomás -- Mora Fandos, José Manuel

Bloomsday o el Anillo: la revuelta o la vuelta a la épica, al lenguaje y al hombre

Ulysses, by James Joyce and The Lord of the Rings by J. R. R. Tolkien present the voyage theme as one of their structural lines. Beyond the narrated trip, both texts refer to a going-home attitude derived from the lives and opinions of their authors. In this paper we understand "the way home" as a return to those realities produced by man, where he has settled, and where he must find himself in order to be truly human: namely, among others, literature and language. The European cultural crisis since the end of XIX century up to World War II, questions radically the role of intelectuals and artists, and most of them see themselves forced to consider the cultural European tradition in a new light: either to redeem the truly valuable and make up a new cultural proposal; or just to lucidly certify the roots of the chaotic situation, unmasking the motivations that allegedly lurk behind the politic and artistic world they inherited, and, in some case, advancing some utopic answer. Ulysses, through a parody scheme, shows a mistrust in the possibility of human language to convey any transcendent truth. The Lord of the Rings is composed on the assumption of language and literature being capable of saying the truth. In both novels the main characters start a voyage with some kind of task that will head them home, and in both texts matter and form are harmonious: the divergent existential and literary starting points of Joyce and Tolkien determine the different kind of their textual harmonies.

 


Bellini, Pier Paolo

Note di nostalgia. Il viaggio nella musica (con musiche di Schubert e Chopin)

"La tristezza mi ha preso -- perchè? Neppure la musica oggi mi consola; non so cosa mi manca -- e ho già più di vent'anni!". La considerazione sconsolata di Fryderyk Chopin, meravigliato di non aver ancora scoperto, a vent'anni, "cosa manca" è come una stupita riflessione su quello che ogni spirito umano, consapevole del misterioso stato della condizione umana, è costretto a fare. Così il giovane Franz Schubert non può che annotare la stessa pressante urgenza nel proprio diario: "Un sacro anelito colmo di nostalgia vuole raggiungere mondi più belli". La nostalgia, il viaggio nella fatica e nel dolore di non conoscere con chiarezza il luogo a cui approdare, in cui forse ritornare, è la nota dominante di alcune tra le opere musicali più alte della nostra tradizione europea: il viandante, l'homo viator, il Wanderer, è il protagonista delle pagine più commoventi della storia della musica. Commoventi, perchè l'uomo che cammina nel mondo arriva a sentirsi "straniero ovunque". In un mondo che si concentra accanitamente su ciò che appare e che stordisce, il grande genio intuisce che "invece la vita sta al di là della musica in primo piano: è una nota sola dal principio alla fine, da quando si è fanciulli a quando si diventa vecchi. Una nota sola... il desidero della felicità! (Luigi Giussani)

La guida all'ascolto di brevi brani musicali di questi due compositori vuole essere la documentazione del drammatico cammino dell'uomo tradotto, con straordianaria immediatezza e potenza, nel linguaggio dei suoni: l'aiuto è a togliere la vaghezza istintiva e superficiale con cui normalmente si ascoltano brani di musica classica e a iniziare a considerare l'ascolto come un "incontro", a recuperare il "surplus" dell'esperienza artistica, "quella sorpresa imprevista che può essere suscitata dall'ascolto di un brano musicale quando è investito direttamente dal senso ultimo dell'esistenza e della storia".

 


Braga, Paolo

Il personaggio nella serialitá americana: il ritorno impossibile dall'arena dei predestinati

La nozione di "catarsi", cioè di una reazione emotiva potente innescata da una rappresentazione drammatica, risale ad Aristotele. Gli sceneggiatori delle serie televisive americane contemporanee non ignorano questa nozione: essi, anzi, la tengono ben presente nella scrittura delle trame. Da grandi successi come E.R., come Professione Avvocati e come NYPD Blue, tuttavia, si evince una declinazione originale della catarsi che pare avervi perso la sua essenza originaria. Nell'ultima generazione dei telefilm la catarsi non consiste più, infatti, in un salutare shock grazie al quale lo spettatore può tornare alla vita reale con nuove energie, purificato dalle passioni sperimentate durante lo show.

Le serie Usa di ambientazione professionale hanno invece inaugurato un tipo di coinvolgimento che si può definire "pseudo-catartico" e che dell'originale conserva solo un sentore superficiale. Si tratta di una soluzione discutibile dal punto di vista antropologico. Il suo nucleo emotivo consiste, infatti, nell'ebbrezza di un passaggio iniziatico alla scoperta del lato oscuro della persona e del disorientamento esistenziale. A tali dimensioni è conferito, insieme con una veste spettacolare, anche il fascino di una conoscenza elitaria.

Il pensiero di una normalità smarrita e il ritorno costantemente negato alla felicità della famiglia segnano cioè i personaggi, che scavano in loro stessi in modo tanto eccezionale quanto sofferto. Quando gli eroi si interrogano ostinatamente sul senso della vita, senso che per scelta degli autori è loro intenzionalmente precluso, si innesca nello spettatore un coinvolgimento sottile, incline all'abbandono esistenzialistico. Il pubblico, soprattutto quello giovane, di rado ha gli strumenti culturali per padroneggiarlo e ne assorbe l'influsso negativo che infiacchisce l'attitudine al ragionamento morale.

 


Brenes, Carmen Sofía

La vuelta a la identidad personal tras acompañar a Frank Capra en "Mr. Deeds goes to Town"

Si la obra de arte después de "alejarse" y de "alejarnos" de la realidad cotidiana no tuviera la capacidad de "regresar sobre el mundo", quedaría reducida a puro "entretenimiento", dice Paul Ricoeur. Este trabajo indaga sobre el viaje de vuelta al mundo personal que ofrece la película "Mr. Deeds goes to Town" (1936) de Frank Capra.

El estudio nace a la sombra de Ricoeur cuando señala que en el trabajo de refiguración que el lector hace frente a la obra pueden distinguirse dos momentos: el de la comprensión y el de la aplicación. El primero se entiende, con García-Noblejas, como la comprensión intelectual y técnica de un texto, mientras que el segundo supone la aplicación vital del sentido de ese texto por parte de una persona.

La comunicación explora ambos momentos utilizando como punto de referencia estable las tendencias radicales de la sociabilidad que aparecen como urdimbre de las tramas narrativas y, a la vez, como configuradoras del mundo personal. En el caso de Mr. Deeds, las acciones sueltas de los personajes dan origen a un mundo caracterizado por relaciones de justicia y un desbordarse de amistad, liberalidad y magnanimidad. Mundo que, en una especie de "regreso a casa" vital, ofrece al espectador una imagen que ilumina su propia identidad personal al recordarle la llamada a donarse.

 


Cabrera Valverde, Jorge Mario
Alegorías y Símbolos del Amor Bien Pagado

"Canciones del Amor Bien Pagado" es una colección de poemas del escritor guatemalteco Gustavo González Villanueva. La comunicación hace referencia a los juegos de figuras que se utilizan para referirse al Amor que Dios tiene por el ser humano. En nuestra opinión, la obra de González Villanueva es uno de sus mejores escritos no sólo literarios, sino también teológicos o, mejor dicho, místicos. De muy distintas maneras el autor trata de cómo el Amor hace su "casa" del hombre en gracia y de cómo la Trinidad "inhabita" en ella.

 


Castellvi, Miguel

Retorno a Brideshead: la caña de pescar del Padre Brown

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Chirinos, María Pía

La casa de Odiseo

La lectura tradicional de esta obra homérica se ha realizado en muchas ocasiones desde La Ilíada: el retorno a casa se estudia más bien desde las hazañas de uno de los últimos héroes de Troya y se exaltan su prudencia, su ingenio, su valor. Sin embargo, el tema del Congreso pone a prueba la univocidad de esta interpretación. Hace falta ampliarla hacia contenidos más humanos, como precisamente el significado de "casa", sin caer en otro peligro, a saber, no tener en cuenta que también "casa" es un término análogo.

Dentro de la amplísima acepción de este término, La Odisea presenta gran variedad de soluciones. En la comunicación se intentará brindar una comprensión más profunda de la visión antropológica que está en la base de algunas costumbres que se describen (como la hospitalidad), o de personajes que van apareciendo en la trama (como los cíclopes). En todos los ejemplos elegidos, se descubre una concepción del hombre menos divina y más humana, más frágil y dependiente, que abre las puertas a una consideración positiva de los trabajos manuales y domésticos. Se trata de mostrar que estos trabajos constituyen un factor imprescindible de la humanización y que configuran una parte no despreciable de lo que se denomina "casa". La comunicación pretende completar así la propuesta de la antropología de la dependencia (MacIntyre), mediante una atención más detenida a las circunstancias cotidianas y corporales básicas, que exigen unos trabajos concretos e insustituibles para crear la auténtica casa con su sentido de "hogar".

 


Cogliandro, Giovanni

Philip K. Dick e la divina invasione

Philip K. Dick (1928-82) è riconosciuto come il più grande autore della SF del secolo scorso. Quello che spesso non è noto è invece il suo ruolo di scrittore a tutto tondo, le sue innovazioni stilistiche e la sua originalità come pensatore. In particolare nell'ultima fase della sua produzione letteraria diviene dominante il ruolo delle dottrine gnostiche e quindi del Cristianesimo. L'incontro con un uomo di Chiesa marcò un periodo di forte introspezione, documentata dalla sua monumentale Exegesis, pubblicata solo frammentariamente. E' problematico parlare di una vera e propria conversione cristiana, ma molte tracce sembrano andare in tale direzione. Sono frequenti, specie nei romanzi Valis e Divine Invasion, i rimandi a C. S. Lewis, ma soprattutto la dovizia di riferimenti alla Scrittura e alle fonti esseniche e gnostiche. In particolare in Divine Invasion mi sembra si possano istituire molti loci paralleli con la Leggenda del Grande inquisitore di Dostoevskji. Su questa opera è necessario soffermarsi per i temi di nostro interesse.

L'originalità del pensiero religioso di Dick merita senz'altro l'attenzione non solo degli studiosi di letteratura, ma anche dei filosofi.

 


Cotta Ramosino, Laura

Il ritorno a casa ne Il Gladiatore. Qual è la casa a cui tornare

Il tema del ritorno a casa è un elemento centrale nella costruzione del racconto del film di Ridley Scott Il Gladiatore. La pellicola è costruita seguendo una delle più note teorie della sceneggiatura, quella sistematizzata da Chris Vogler nel suo saggio Il viaggio dell'eroe; in questo caso, però, il viaggio del protagonista Massimo si pone esplicitamente come ritorno verso casa, da leggere su più livelli.

Il ritorno fisico alla dimora in Spagna, prima positivamente sognato e poi trasformato in incubo di fronte alla morte della moglie e del figlio; ma anche un ritorno alla casa dei Campi Elisi, il Paradiso (nel senso originario della parola, paradeisos, che significa giardino) che è la chiave drammaturgica attraverso la quale leggere tutta l'avventura di Massimo.

C'è poi un terzo significato del viaggio verso casa, che può adombrare anche una dimensione più politica: il viaggio che compie il destino di Massimo, infatti, passa per la sua dimora natale, ma ha una destinazione diversa, che è Roma. La Roma sognata da Massimo e Marco Aurelio, la Roma che rischia il declino sotto il dominio di Comodo, è la "casa di tutto il mondo" e di tutti i popoli (Roma è la luce, come dice Massimo); un'immagine che non ha caso di recente è stata proposta per indicare quella che è la nuova Roma, la città di New York, agli occhi di molti capitale del Nuovo Impero Romano.

 


Cotta Ramosino, Luisa

"Sono tornato": il finale de Il Ritorno del Re tra convenzione cinematografica e fedeltà al testo

Quando l'anno scorso è finalmente arrivato nelle sale l'ultimo capitolo della saga cinematografica realizzata da Peter Jackson ispirandosi al Signore degli Anelli, in molti hanno criticato il lungo finale della pellicola, che trasgredisce le abituali regole cinematografiche proseguendo ben oltre il climax del racconto.

Questo finale composto da più finali, che è in effetti comunque una riduzione rispetto a quello del romanzo, ha tuttavia anche un suo senso e una sua economia nel lavoro di adattamento compiuto dal regista e dalle sue collaboratrici.

I tre finali, in un crescendo di malinconia, guidano lo spettatore nell'addio alla Terra di Mezzo (dopo un viaggio durato tre pellicole e oltre 10 ore di immagini) in parallelo agli stessi personaggi del racconto e permettono di cogliere le diverse dimensioni tematiche del romanzo e dei film.

 


De Ritis, Luisa

L'Incontro: commento alle "Poesie di Carol Wojtyla"

Nell'immenso e variegato paesaggio del mondo dove ci è riservata per pura benevolenza la continua e rinnovata possibilità di un incontro, anzi dell'incontro, insieme al poeta, anche noi possiamo iniziare il nostro cammino!
Un momento, un istante, un batter di ciglia, e tutto si ferma; tutto diventa attesa di un evento di smisurata portata che darà finalmente senso alla nostra vita. Evento che è di per sé il senso della nostra vita. Il poeta Carol ci può aiutare a percorrere questo cammino, e chi meglio di lui, seppure la sua vita si snodi attraverso una realtà a volte particolarmente esigente e dura, può guidare il nostro andare?
La creatività di Carol poeta trova, in un modo del tutto particolare che si potrebbe definire vitale, il suo canale d'espressione nel cuore; luogo dove il silenzio condensa le parole: grafiche, delineate e delineanti! Parole poetiche che danno voce allo svolgimento delle sue umane vicende dove il trascendente che intride ogni attimo di storia (ogni scheggia di storia, come ama scrivere l'autore) deve essere desiderato e cercato. Una volta trovato viene com-partecipato e con-diviso con gli altri.

"...Tu dappertutto cerchi gli uomini.
Per cercarli dappertutto bisognava in qualche punto, sostare.
Questo è il punto che hai scelto". "Questo luogo è sacro".

Ed ecco il tema su cui si impernia la sua poesia: l'uomo e il suo destino eterno.
È il filo che unisce strettamente le sue composizioni, sgranate in un arco di tempo che abbraccia fatti travolgenti e sconvolgenti ma indicatori, anche per chi non è ancora sul cammino del ritorno a casa, di come il padrone della storia sia continuamente provvidente. Per dirla tout court la sua poesia narra dal vivo i risvolti degli avvenimenti nella vita dell'autore. Allo stesso tempo è di respiro universale perché le sue esperienze sono calate dentro il quotidiano di ogni uomo, e potremmo dire che sono quelle di ogni uomo: lavoro, penuria di beni, persecuzioni, privazione della libertà, dolore a causa della perdita di persone care e di amici, difficoltà nella realizzazione delle proprie scelte, docilità nel seguire la strada indicata, e l'eroismo vissuto silenziosamente.

 


Di Paolo, Paolo

La figura di Pia de' Tolomei (Purg., V), la nostalgia, le memorie domestiche

Il percorso tematico si sviluppa tra suggestioni letterarie e artistiche prevalentemente di età moderna e contemporanea, prendendo in esame autori che hanno affrontato la vicinanza al domestico: la luce, la tangibilità, la nostalgia della casa. Il punto di partenza è una figura dantesca rivisitata lungamente da scrittori, critici, artisti: quella di Pia de' Tolomei (Purg., V) delineata nello spazio di una struggente terzina. Pia, raccontando la perdita di un santuario domestico tutto terreno, si fa figura in cammino verso la casa del Padre, dove "ritornerà in sé stessa" - come accade al figliol prodigo (Luca, 15, 11-32). E' nell'attesa di questo ritorno che si situa uno spazio minuscolo e sconfinato fatto di oggetti, di certezze, di abitudini: la casa, appunto. La casa del qui e ora: nei quadri fiamminghi del Seicento (Rembrandt, Dou, Vermeer) o nei quadri del Novecento italiano (Morandi); e nei romanzi borghesi dell'Ottocento, in cui l'abitazione ha una voce, un'anima (Flaubert, Bronte) come in quelli del Novecento, quando la casa sarà abitata da fantasmi gentili o irrequieti (Woolf); si farà emblema di una crisi storica, di un cortocircuito intellettuale (Verga, Svevo); diventerà rifugio (Pascoli, Gozzano) o maceria di una disgregazione famigliare (Ginzburg). In un tratteggio rapido e materico, si intende proporre un'immagine - per quanto comunque parziale - di quello che la casa può rappresentare nella modernità artistica: luogo dell'abitare da ri-fondare continuamente, luogo fermo del cuore, sospeso tra un qui fatto di gesti, di faccende, di sicurezze e un altrove che nel contempo inquieta e, promettendo, rassicura.

 


Diez Bosch, Miriam

Emily Dickinson: la poesia dentro casa

La comunicazione vuole offrire la prospettiva poetica di Emily Dickinson (1830-1886), poeta lirica americana, considerata una scrittrice "privata" a causa della sua peculiare scelta di vita, in completa reclusione nella sua stanza tutta sua. Il rapporto di Dickinson con la casa centrano essenzialmente questo paper che alterna la voce poetica dickinsoniana con riflessioni sul significato delle sue scelte private e prive di luce pubblica.

Rinchiusa in casa dai 23 anni fino alla morte, Emily consacrò la vita alla scrittura poetica. Colta, di famiglia calvinista rigorista, Dickinson è una delle voci poetiche più importanti del secolo XIX la cui riflessione è diventata universale: la figura del padre assente, lo spostamento del padre como l'Altro, la nostalgia dell'amore, la casa come punto di partenza e ritorno in un viaggio che non ha inizio ne fine --non si muove dalla sua stanza per 16 anni-- fanno della Dickinson una voce poetica femminile eccezionale.

Dickinson si rifugia nella sua stanza per scrivere e vivere (scrivere è vivere, per Lei), nel primo piano della casa di famiglia benestante a Amherst. È da lì (casa) dove accoglie Dio.

Emily Dickinson dedica alcune dei suoi versi esplicitamente al ritorno a casa, un rimpatrio peculiare per una persona che di casa non si muove. Comunque, il suo rientro si fa tramite la poesia, che la conduce aldilà della contingenza.

 


Fumagalli, Armando

Il finale e il senso della storia. Una rivalutazione dell'happy end

Nella sensibilità di molti critici cinematografici e teorici del cinema è diffusa una forte svalutazione dell'happy end, che viene considerato superficiale, illusorio, sostanzialmente parte della macchina economico-spettacolare hollywoodiana, una sorta di trappola in cui le persone intelligenti non dovrebbero cadere. Agli europei colti l'happy end non piace, non ne colgono il senso, pensano che sia infantile.

La comunicazione svolgerà alcune considerazioni sul valore profondo e sulle condizioni per le quali l'happy end può essere giustificato. Se c'è spazio alla parte teorica farà seguito l'applicazione ad alcuni casi tratti dalle opere di John Grisham e dal loro adattamento cinematografico. Per es. "Il socio" (romanzo) si conclude con una fuga verso i Mari del Sud, mentre il film si conclude con un vero e proprio "ritorno a casa".

 


Fuster, Enrique

Los que no regresan. "Brighton Rock", de Graham Greene, en la literatura y el cine

Frecuentemente, los conversos hablan de su entrada en la Iglesia como de una "vuelta a casa". En este sentido, lo que distingue a los protagonistas de "Brighton Rock", de Graham Greene, es precisamente su incapacidad de arrepentirse y regresar a casa, al seno de la Iglesia. Esta comunicación analiza el conflicto interior de los personajes principales, Pinkie y Rose, tanto en la novela como en su versión cinematográfica, cuyo guión es obra del mismo Greene. En la película estos conflictos se liman. La adaptación queda un tanto edulcorada, pierde parte del cinismo del texto literario, el final es más ambiguo, más abierto, deja un resquicio un poco más amplio a la esperanza. Con todo, el sentido se mantiene, el dibujo sigue siendo el de unos personajes sepultados bajo el peso del mal y de sus propios pecados, incapaces de levantar el vuelo. La sombra de la predestinación planea sobre un mundo que, en rigor, no se puede decir que sea "católico". Dicho con otras palabras: una lectura atenta de esta obra, en la que los protagonistas y muchos de los elementos son católicos, enseña que la sensibilidad del autor es muy poco católica, aunque tradicionalmente se haya afirmado lo contrario.

 


García-Noblejas, Juan José

Mundos utópicos cinematográficos: al final, salida y vuelta a casa del espectador

En la línea de trabajo planteada con "Personal Identity and Dystopian Film Worlds" (28th annual Conference of the International Association for Philosophy and Literature - Syracuse University, NY, 19-25 May 2004), que puede leerse en http://scriptor.typepad.com/bckprch/2004/07/personal_identi.html, esta vez se trata de considerar el retorno a la identidad personal desde la situación de espectador de algunos "films utópicos" (noción o categoría más discutible y variada que la de "dystopian film"). Trabajaré sobre "Metrópolis", "Corre, Lola, corre", "Hero", "Big Fish" y "The Incredibles". Pretendo al tiempo dar continuidad a otro trabajo previo que discute la "trascendencia cinematográfica" desde una perspectiva diversa a la de Paul Schrader, tomando en consideración películas como "The Blues Brothers", "Solaris", "Lulu on the bridge" y "O Brother!"

 


Latorre, Jorge

El primitivismo en el arte contemporáneo: no tanto superación de la cultura occidental como vuelta al origen

La última obra de Ernst H. Gombrich, publicada a título póstumo se titula The preference for the Primitive. Episodes in the History of Western Taste and Art, London: Phaidon, 2002. Argumenta paso a paso algo que ya había anunciado antes: el espíritu primitivista ha tenido en el arte contemporáneo un influjo más penetrante y duradero que cualquier otro "ismo" de la llamada Vanguardia Histórica. La mirada a China y Japón, La India y Oceanía, y finalmente a África, hizo que muchos pintores y escultores rompieran radicalmente con las enseñanzas académicas. Y no sólo con el academicismo, sino con todo lo que esta estética occidental --la tradición greco-romana cristianizada-- representaba.

En una de sus cartas desde Tahití, Gauguin escribió que sentía la necesidad de volver más atrás de los caballos del Partenón, retrocediendo al caballito de madera de su infancia. Toda una declaración de intenciones que se ha convertido en eslogan para justificar, a posteriori, la "superación" de los artificios de la tradición occidental en busca de la supuesta naturalidad y autenticidad del buen salvaje.

Podría parecer que esta concepción del arte supuso una revolución y la instauración de un orden nuevo en el panorama artístico occidental. Pero no es así; como Gombrich estudia en Meditaciones sobre un caballo de Juguete (Debate, Madrid, 2002), sólo desde la tradición occidental pudo haberse desarrollado semejante actitud metódica de "regreso", como oposición a la noción ilustrada de progreso, que no sirve para dar cuenta de los fenómenos artísticos (en los que toda ganancia en algo supone también pérdida en otra cosa). Y en la misma complejidad intelectual de esta búsqueda del origen, que impide toda verdadera ingenuidad, radica la imposibilidad del fin. No sería menos utópico el primitivismo que la fe ilustrada en el progreso ilimitado e imparable.

En todo caso, esta corriente es una fase más en la evolución del arte occidental. Y aunque lo haga por oposición (algo muy occidental también) a la noción de progreso, el primitivismo participa de un mismo sentido lineal de la historia que es de raíz cultural judeocristiana. Conscientemente a veces o, en la mayoría de los casos, inconscientemente, la vuelta a casa que predica el primitivismo contemporáneo sólo se entiende adecuadamente a la luz de nociones como el Paraíso Perdido, la Culpa y la Redención. En el presente estudio, tomando referencia en la obra de Picasso, se analiza cómo este proceso artístico moderno de retorno al origen del imaginario colectivo no es muy diferente (en su intento al menos) del volver a nacer evangélico.

 


Mansur, Juan Carlos

La belleza, morada del espíritu libre

Siguiendo la línea de exposición del pensamiento de Kant, en este trabajo se explica por qué el sentimiento de belleza tiene el poder de llevar al hombre a la vivencia de libertad del espíritu, y más allá de eso, a percibir el universo que lo rodea como su morada y hábitat.

 


Marras, Lorenzo
La fine della corsa è la sua tensione infinita. Charles Péguy e la forma del cammino cristiano: estasi o ritorno?

La via del cristiano è la via del ritorno o la via della tensione infinita lungo la stessa linea? A partire da alcune suggestioni della poetica di Charles Péguy e della lettura del III capitolo della lettera ai filippesi di San Paolo intento della nostra comunicazione è chiedersi se il tema del ritorno a casa costituisca lo specifico del viator cristiano, cioè una tematica autenticamente cristiana, oppure ne costituisca invece un'eresia naturalistica (l'idea dell'anima che ritorna a casa sembra infatti rimandare equivocamente all'eresia origenista -- ma non per questo di Origene stesso -- della presistenza delle anime). Come conciliare infatti l'idea di una via di ritorno con l'affermazione paolina che ci dice che "intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea"? La condizione del viator come ritorno infatti non può che strutturarsi come una concezione ciclica. Ogni concezione ciclica però postula necessariamente un movimento di ritorno che altro non è che un movimento naturale, chiuso cioè nelle maglie delle leggi di natura e quindi della logica naturale. E per questo che se il cammino del viator cristiano fosse circolare (come l'idea di ritorno a casa sembra lasciare intendere), esso sarebbe un movimento iscritto nella logica della natura, e quindi escludente ogni azione della grazia, perché ogni movimento circolare è proprio della logica della natura. Ciò potrebbe però voler dire che l'uomo si unirebbe a Dio non per grazia e neanche per sinergia, ma per natura (perché per forza di cose si verrebbe a configurare una congenesi vicina all'identità di sostanza) e sarebbe così "costretto" a salvarsi; la redenzione, quindi, diverrebbe un'autoredenzione (perché l'idea di una circolarità è sempre sinonimo di autonomia e autosufficienza) senza bisogno di rivelazioni, teofanie e corse desideranti verso di esse; in altre parole parole se si abbracciasse una concezione ciclica si potrebbe dare il caso di una redenzione senza l'azione della grazia. Non è un caso che il ritorno richiami sempre una interiorizzazione, mentre la "stessa via" paolina/péguyana un'estasi, cioè una continua un uscita da sé. È la rivelazione inesauribile di Dio e delle sue teofanie che guida attraverso di essa il processo continuamente ascensivo: le "estasi" successive presuppongono infatti sempre infinite teofanie che mi spingono sempre ad uscire da me (dal possesso che ho raggiunto) per spingermi sempre di più verso me stesso, cioè verso colui che in me è più intimo di me stesso. Proprio per questa ragione l'altro del desiderio in una concezione ciclica non sarebbe Dio o un'altra persona che inabita il mio desiderare, ma me stesso. Ma così, se il movimento e la protensione fossero un circolo di ritorno, il progresso avrebbe un termine naturale e il desiderio di Dio dovrebbe in qualche modo avere un termine. Charles Péguy sembra invece prospettare per il viator cristiano non un cammino ciclico o di ritorno ma un cammino sempre proteso in avanti, sulla stessa linea. Per Péguy la via del cristiano è, infatti, unidirezionale, come forse è unidirezionale la cristianità stessa. È per questo che la via verso la Gerusalemme celeste e verso l'escatologia, la via del cammino cristiano e della speranza, non può che essere un movimento lineare sulla stessa via e mai un ritorno.

 


Martínez Illán, Antonio

"El estudiante" de Chéjov: ¿Un cuento sobre el regreso?

Anton Chéjov es considerado el padre del cuento moderno. A partir del análisis de uno de los cuentos por él más querido, 'El Estudiante', se pretende estudiar cómo Chéjov construye la atmósfera que caracteriza sus personajes. La trama --como en tantos cuentos de este autor-- es mínima: "Un joven seminarista, de regreso a casa en Viernes Santo, se para a hablar con dos campesinas sobre la muerte de Jesús y después se separan". Al igual que la noción de 'epifanía' de James Joyce en Dublineses y que la idea de H. James de 'valor latente', en los cuentos de Chéjov también la significación procede de un momento de revelación, de reconocimiento, tanto para el personaje como para el lector. En este cuento, esta revelación está vinculada con el relato que hace el joven y sugerido, entre otros elementos, por medio de una atmósfera y de la tensión entre desorden y armonía. Los críticos hablan de los personajes de Chéjov como mitad símbolo, mitad emblema; sin embargo, las descripciones no son una proyección simbólica del interior, ni tampoco una acumulación de detalles verosímiles propia del costumbrismo. Esta comunicación pretende, a partir del análisis de todos los recursos que entran en juego en un relato breve, ahondar en cómo los personajes de Chéjov reconocen su identidad y su destino, y leer 'El Estudiante' como una fábula sobre la belleza y sobre el relato.

 


Méndiz, Alfredo

Attenzione come attesa in Cristina Campo

"Due mondi -- e io vengo dall'altro". Cristina Campo (1923-1977) ha lasciato nella sua opera letteraria segni chiari, luminosi, del percorso di fede che l'ha portata sulla sfera del mistero, un percorso che, essendo religioso, ben può considerarsi un ritorno a casa (non a caso la "religione", concetto che ha a che fare con il verbo latino "religo", cioè "legare", è un legarsi al Dio da cui tutto trae origine e quindi un ritornare alla casa paterna). In questo percorso, Cristina Campo ha avuto per molto tempo una compagna di viaggio, anzi una guida, di enorme importanza: Simone Weil. Una parola chiave: attenzione. È un concetto importantissimo nella Campo e, prima ancora, in Simone Weil. Connessa con l'attenzione appare in entrambe l'idea di attesa, addirittura di "attesa del mistero": ma "attesa del mistero" significa in Simone Weil attesa di una certezza; in Cristina Campo, invece, attesa della verità. Importante in Cristina Campo è anche l'idea di vocazione, che non è disgiunta -- anche se in un certo momento se ne stacca decisamente -- dall'uso che fa Simone Weil dell'idea di destino.

 


Monda, Andrea

Frodo e Sam: il viaggio e il ritorno

L'ultima battuta de Il signore degli anelli è quella dell'hobbit Sam Gamgee: "Sono tornato". Come molte altre grandi opere letteraria il capolavoro di Tolkien racconta di un lungo viaggio. Metafora della vita, il viaggio in Tolkien non è una fuga in un "altrove" ma un rientrare in se stessi, un riappropriarsi dell'identità più profonda e autentica. Questa grande avventura coinvolge diversi personaggi e assume per ognuno di essi modalità e sfumature diverse. C'è il viaggio di Aragorn, che dopo aver viaggiato nell'oltretomba realizza "il ritorno del Re", c'è il viaggio di Legolas e Gimli che li porterà dalla diffidenza all'amicizia superando le barriere del "pregiudizio etnico", c'è il viaggio di Gandalf che passa attraverso il sacrificio, la morte e la resurrezione e c'è il viaggio soprattutto degli Hobbit. E' questa dell'invenzione degli Hobbit il maggiore contributo di Tolkien alla letteratura epica e fantastica ed in essa è racchiuso il "segreto" del significato fondamentalmente cristiano della sua maggiore opera letteraria. Gli Hobbit sono i piccoli, i poveri, gli umili e gli ultimi di cui parla il Vangelo, sono loro che, come Abramo, escono dalla loro terra e partono per un luogo che ancora non conoscono. Il viaggio degli Hobbit è un'esperienza che li farà "crescere" nel fisico e nello spirito e cambierà le sorti non solo della piccola e tranquilla Contea ma del mondo intero. Per Sam il viaggio vorr? dire essenzialmente "ritornare" (come Ulisse egli torner? per liberare la propria casa), mentre per Frodo il viaggio ? "senza ritorno", come Abramo il piccolo Hobbit non si volterà indietro e si lascerà guidare con fede e con una spes contra spem.

 


Muruzábal, Amaya

Los Mejores Años de Nuestra Vida (W. Wyler): el regreso del soldado como principio de progreso para la sociedad estadounidense

El filme clásico The Best Years of Our Lives narra el regreso de tres veteranos de la Segunda Guerra Mundial a la pequeña ciudad estadounidense de Boone City y su lucha por --como se acuñó en la época-- "reajustarse" a su sociedad. Fue la película más vista de 1946 --a su vez, el año más taquillero de la historia de Hollywood-- y arrasó en esa edición de los Oscar.

El éxito de esta historia dirigida por William Wyler y escrita por el dramaturgo Robert E. Sherwood se debió en gran parte a su aparentemente sencilla calidez. Una mezcla de nostalgia, drama y esperanza en el futuro que brota del tema central del filme: la lucha por regresar a casa.

Sin embargo, en la vida real --así lo demuestran estudios psiquiátricos en veteranos como los realizados por el doctor Jonathan Shay--, el regreso del guerrero pocas veces equilibra nostalgia, drama y esperanza. Suele ser, más bien, un desgarro.

Un análisis atento de The Best Years of Our Lives revela que la película no trata tanto sobre el regreso a casa como sobre lo que debería ser regresar a casa. Por ello, en cierto sentido, el filme es propaganda: un homenaje a los veteranos y un decálogo para la retaguardia. Lo que debe y no debe hacerse con quienes han arriesgado su vida generosamente.

La redondez de The Best Years of Our Lives bebe de tres fuentes principales. En primer lugar, del saber hacer de la dramaturgia y el cine clásico norteamericanos. En segundo lugar, del carácter liberal y militante de sus dos principales autores, William Wyler y Robert E. Sherwood. Y en tercer lugar, del momento histórico. Tras una amarga primera posguerra mundial, la más severa depresión económica y una esforzada Segunda Guerra Mundial, los estadounidenses querían regresar a la normalidad. Y hacerlo bien. En este sentido, la figura del veterano resultaba central.

Con él se cerró una época y se abrió otra era. The Best Years of Our Lives cuenta cómo se regresa para poder progresar. Esta premisa implica muchas y complejas cuestiones que merecen ser, cuanto menos, discernidas.

 


Noguera Tajadura, María

La reinterpretación de los clásicos en "El regreso" de Miguel Torga

"El regreso" es una de las veintitantas narraciones breves que componen el libro Nuevos cuentos de la montaña, publicado en 1944 por el escritor portugués Miguel Torga (1907-1995). Históricamente, la aparición de este volumen de relatos coincide con un periodo de recrudecimiento político del régimen salazarista. Este tiempo difícil supuso para Torga la aprehensión de algunos de sus libros, el acoso de la censura e incluso la experiencia de la cárcel. Asimismo, el hecho de que el protagonista de "El regreso" sea un joven soldado que vuelve a las montañas portuguesas tras haber participado en una contienda que no parece ser otra que la Guerra Civil española ha favorecido a menudo la lectura histórica y también política de este relato.

Más allá de este acercamiento externo a "El regreso" de Torga, el trabajo que aquí presentamos pretende llamar la atención sobre la reinterpretación o reinvención de algunos argumentos literarios como el mito de Anteo, la parábola del hijo pródigo, el personaje del Quijote o "El proceso" de Kafka, todos ellos relacionados de una u otra forma con el regreso al hogar, a la casa o a algún tipo de refugio o lugar cobijado. En concreto, se trata de relacionar al protagonista de "El regreso" con el personaje mitológico de Anteo, con el hijo pródigo del relato bíblico, con el Quijote o con el K. kafkiano, partiendo de la incapacidad para volver a casa que plantea el cuento torguiano. En este sentido, la vuelta a casa que Torga sugiere en "El regreso" podría tener mucho que ver con una vuelta literaria a los clásicos, entendiendo esta palabra en el sentido más amplio del término.

 


Ospina, Helena

Arte y persona en Victoria Ocampo

Victoria Ocampo, gracias al estudio inteligente y penetrante de Cristina Viñuela, se convirtió en una llave que me permitió descorrer cerrojos para enfocar con mayor claridad mi vocación de escritora.

En la primera parte "UNA ARMONIA PRESENTIDA" descorro el cerrojo de mi infancia donde palpé que la unidad de vida y expresión artística era posible.

En la segunda parte "LAS ESCRITURAS DEL YO", siguiendo el marco teórico que la Dra. Viñuela nos brinda sobre el tema, descorro el cerrojo de lo que elijo para mi escritura: la literatura intimista.

En la tercera parte "LOS PUENTES CULTURALES" Cristina es quien nos da la clave del "etymon" espiritual de Victoria, al situar su búsqueda en justa perspectiva, y al analizar porqué quedó la misma anclada en conflicto.

PRIMERA PARTE
UNA ARMONIA PRESENTIDA

Introducción
I. La mujer
II. Una armonía
III. Un principio unificador
IV. ¿Arte o santidad?
V. El ejercicio de la escritura
VI. El "etymon"
VII. Un esplendor
VIII. La pasión por lo universal

SEGUNDA PARTE
LAS ESCRITURAS DEL YO

I. El yo lírico
II. La literatura intimista

TERCERA PARTE
LOS PUENTES CULTURALES

El etymon espiritual de Victoria Ocampo
I. El drama interior
II. ¿Arte o santidad?
III. Nostalgia de la santidad

Conclusión

 


Perna, Valerio

ASTEROIDE B612. Il ritorno a casa del Piccolo Principe

L'esistenza del pianeta del Piccolo Principe è l'unica cosa di cui è certo Saint-Exupéry, che nella fiaba, ritenuta da molti il suo testamento spirituale, trasferisce il fondo dei suoi pensieri, attenua le sue angosce e cerca di trovare un senso ai suoi dolori. Scrive Le Petit Prince nel 1942 negli Staiti Uniti, lontano, come il protagonista, da casa sua, dall'amata Francia, che vede sconfitta e umiliata, separato dalla moglie Consuelo, vanitosa e delicata come una rosa. Partito incompreso cerca in tutti i modi di tornare, di combattere per la liberazione della patria, e nelle lettere alla sua sposa non abbandona mai la speranza di riunirsi con lei teneramente. Di fronte a questi tormenti rimpiange di non avere fede, perché si ritirerebbe in un monastero, nella pace di quei canti gregoriani che lo hanno tanto affascinato. Ottiene solo l'autorizzazione di compiere cinque missioni aeree per fotografare le truppe nemiche in Francia, ma proprio dall'ultima non fa più ritorno, probabilmente colpito dai caccia tedeschi; il suo veicolo si perde nelle acque a largo di Marsiglia, scoperto solo nell'estate del 2004. Muore senza che si ritrovi il suo corpo, proprio come il suo piccolo eroe, se ne va senza certezze, ma con un'unica grande speranza di ritornare in quel "pianeta", a cui sente di appartenere e per cui ha speso la sua vita.

Signore, vengo a te poiché ho arato in tuo nome. A te la semina. Io ho costruito questo cero. Tocca a te accenderlo. Io ho costruito questo tempio. Tocca a te abitare il suo silenzio.

 


Picariello, Enrico

La riappropiazione degli spazi pubblici nella città di Napoli negli anni '90

Oggetto di questa comunicazione è la riacquisizione da parte della città di Napoli delle piazze e degli spazi pubblici verso la metà degli anni '90. Fino a questo periodo infatti molte delle più celebri piazze, che oggi costituiscono punti di ritrovo, luoghi di attrazione turistica oltre che identità storiche verso cui riconoscersi, erano divenuti luoghi abbandonati o nel migliore dei casi parcheggi per auto.

Il mio intervento vuole descrivere come, per effetto di una presa di coscienza da parte del cittadino della sua funzione di abitante e usufruitore degli spazi pubblici della sua città (o della sua casa?), si sia verificato un progressivo ritorno a casa verso luoghi e memorie che gli appartengono e che per molto tempo erano stati dimenticati.

 


Rocha Scarpetta, Joan-Andreu

Il "ritorno a casa" di Monsieur Ibrahim: le tracce dello spirito in "Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano" di Eric-Emmanuel Schmitt

La comunicazione pretende presentare in una prima parte la figura dello scrittore francese Eric-Emmanuel Schmitt, autore di teatro e di racconti marcati per la profonda ricerca spirituale dei suoi personaggi, e per una onesta ricerca spirituale personale.

Una seconda parte della comunicazione presenta l'opera di Schmitt "Monsieur Ibrahim e i Fiori del Corano", una specie di favola che racconta l'amicizia fra un ragazzo ebreo ed un vecchio commerciante musulmano in un quartiere popolare parigino. Quello che inizialmente era un pregiudizio (rubare Monsieur Ibrahim per il giovane ebreo, Momo, è cosa normale: si tratta soltanto di un arabo) si va scoprendo come una amicizia, che porterà i suoi personaggi in un viaggio attraverso l'Europa per arrivare oltre Istambul, e visitare la terra dove è nato Monsieur Ibrahim.

Il viaggio dei due personaggi, come la loro amicizia, si convertirà in un vero viaggio iniziatico per il giovane Momo, ed un viaggio di "ritorno a casa" per Monsieur Ibrahim. Lungo la spiegazione di questo racconto, la comunicazione evidenzierà la ricchezza spirituale della narrazione, spesso illuminato da riferimenti indiretti al Corano, e sempre animato di una scoperta spirituale continua.

 


Salazar, Jesús

Caín errabundo: una historia borgiana

Hacia el invierno que cruzó 1967 y 1968 Borges negaba negaba ser creyente. Sin embargo no dejaba de mencionar los Evangelios como una de las tres grandes épicas de la historia humana, ni de afirmar al Espíritu Santo como hipótesis de trabajo en la figura de autor de la Biblia. Durante las Norton Lectures en Harvard, en aquellos años Borges señalaba en una conferencia titulada "El arte de contar historias" que: a) la épica es la forma más antigua de lo que hoy llamamos poesía; b) de la épica derivaron por un lado el poema lírico y la alegoría, y por otro la narración de historias o novela; c) la diferencia entre épica y novela radica en que lo importante para la épica es el héroe, entendido como "un hombre que es modelo para todos los hombres", mientras que "la esencia de la mayoría de las novelas radica en el fracaso de un hombre, en la degeneración del personaje", que en consecuencia no puede erigirse como modelo; d) las tres grandes épicas han sido: la Ilíada, la Odisea y los Evangelios; e) de los tres, los Evangelios es el poema que más destaca. Acerca de los Evangelios, como el más grande poema, dice Borges: 1) admiten diversas interpretaciones; 2) es una historia que no puede ser mejor contada; 3) desde la perspectiva del no creyente &endash;como Borges- hablan de "un hombre de genio que creía ser un dios y al final descubre que sólo era un hombre y que Dios &endash;su dios- lo había abandonado".

Las propias palabras de Borges abren una interrogante: entonces, ¿la historia de Cristo es la historia de un hombre en fracaso, como tematiza la novela? Si no es así, ¿por qué es una épica? Borges mismo permite apuntar la respuesta: la sustancia de Cristo es salvífica, y aunque el no creyente no la reciba como tal, la historia así lo cuenta.

A partir de las palabras de Borges sobre los Evangelios -como hipótesis de trabajo- y sus consideraciones sobre la épica es posible revisar otra historia bíblica, la de Caín, y preguntarse ¿en qué consiste el fracaso de Caín?, ¿cómo e fracaso se vincula con la pérdida del hogar, con el exilio, y aún más, con la degeneración de Caín en un vagabundo perpetuo? Dice Borges que "los hombres siempre han pensado que los troyanos eran los verdaderos héroes quizá porque hay una dignidad en la derrota que a duras penas le corresponde a la victoria". La dignidad troyana se mantiene en pie aún cuando sus templos han sido profanados, sus dioses insultados, y su casa, su hogar se encuentra en llamas. Pero Caín ha perdido toda la dignidad: la dignidad troyana permite que sus hogares sean destruidos, pues es una dignidad intocable, indestructible, la dignidad del hombre está emparentada a su hogar sin depender de ella, pueden matarlos porque son dignos; pero Caín ha perdido toda dignidad a los ojos de Dios, Caín ha ofendido a su propio Dios, y no puede dársele muerte porque no es digno, y no poseer hogar es signo de una pérdida de dignidad. Caín errabundo no es un héroe épico, es muy cercano al fracasado novelesco, sin hogar ni dignidad -tal vez diría Borges-.

 


Sánchez-Escalonilla, Antonio

From Hades to Ithaca. Hollywood and the Descent into Death as a Requisite for the Returning Hero

During millennia the hero's journey to the underworld of the dead has been a main episode of epic storylines. Before his return to home, the hero visits Hades as a necessary encounter with death and such experience determines not only a main plot point in the filmic structure but also a fundamental stage in the inner development of the returning hero. This paper deals with the search of the sense of pain, destination and death, three fundamental mysteries of men and women treated as heroes and heroines in epic films and novels. Three dramatic items impossible to understand without the esential clue of heroism: sacrifice.

 

Del Hades a Ítaca. Hollywood y el descenso a los infiernos como peaje del héroe en su regreso al hogar

Durante milenios, el viaje del héroe al inframundo de los muertos ha constituido un episodio esencial en los relatos épicos. Antes de su retorno al hogar, el héroe visita el Hades como un encuentro necesario con la muerte, y tal experiencia viene a ser no sólo un importante punto de conflicto en la estructura narrativa cinematográfica, sino también un estadio fundamental en el desarrollo interior del héroe que retorna a casa. Este trabajo trata sobre la búsqueda del sentido del dolor, el destino y la muerte, tres misterios fundamentales de los hombres y mujeres en cuanto héroes y heroínas del cine y las novelas épicas. Tres cuestiones dramáticas imposibles de ser entendidas sin la clave esencial del heroísmo: el sacrificio.

 


Tardivo, Marie-Aude

Singing their Orange Way Home: Sophia, Pravda and Musika

Ukraina: Crossroads of civilizations and empires. For over 300 years Ukraine's history was characterised by fleeting years of independence and long periods of subjugation until 1991, when Ukraine again become an internationally recognized state.

In November 2004 Ukrainians openly showed the world that they were still looking for their home and in their thirst for a 'dreamland', they demonstrated that they did not lack an identity. Their identity was born with Prince Volodymyr's baptism in 988 in Kyiv, and grew throughout the centuries culminating in the appearance of the Kozak republic in the 16th century. The Ukrainian identity has historically revolved around three main components: Sophia, Pravda and Musika.

Sophia, since Prince Yaroslav the Wise oversaw in 1037 the completion of the Saint Sophia Cathedral (in tribute to his Father's baptism). Pravda, since Prince Yaroslav left to Ukraine (through letters addressed to his sons) the medieval code of laws known as Ruska Pravda Code, which recommends truth as the way to justice. Musika, since the Kyiv liturgical conscience associated notes in a fashion unique to Ukrainian liturgical chants in order to adapt their sophianic vision of the world to the songs of the liturgic week.

In the absence of a formal nation-state, the Ukrainians managed to maintain their identity thanks to a musical conscience that became emblematic of their spiritual and national conscience, themselves built on the historical legacy of Sophia and Pravda. Music became the upholder of Ukrainian identity.

In the spiritual wind which " Orange Poetics " incarnated, Ukrainians sang their way home to a 'dreamland', asserting their unity and identity by the same token. In a peaceful manner, musical conscience conquered in 17 days what centuries had failed to bring Ukrainians: a home. Music, along with Sophia and Pravda, rekindled Ukrainians in the land that found the best home for the free: itself.

 


Valembois, Victor

El retorno a casa en Helena Ospina

No cuesta encontrar en la poesía de Helena Ospina cantidad de interferencias a la "vuelta a casa", al estilo de la Odisea: ella es poetisa colombiana y costarricense, quiere decir del extremo occidente de Occidente y como tal, por su propia biografía además, no son raras las influencias europeas.

Pero a su vez, esa temática asume en ella una resonancia de fondo muy peculiar, a través de una tensión temporal permanente entre el nacer y el morir, asumidos ambos como polos complementarios, dentro de una visión más allá del viaje literal: la muerte es solo un tránsito.

En medio de esa tensión se asume la vida como viaje, en el caso peculiar con un reto también muy asumido: la fe hecha cultura, diariamente. Ello imprime una forma muy propia a la poesía de Helena Ospina.

Todo apunta en realidad a una visión eminente meta-física, donde la tensión "inicio"-"final" se diluye en un feliz retorno en un "arriba", la realización de lo trascendente.

 


Way, Maria

What is Home?

The topic of this conference "Coming Home" is an interesting one. What do we understand by home? Does home conjure up for us the German notion of Heimat? Is it a particular building or place, or is it a sense of belonging? Alternatively, is "home" the place where our loved ones are? Has this concept changed in an age when greater numbers of people are becoming displaced from the place of their birth, either by political or economic migration or because of a sense of adventure to travel to far away places?

This paper will seek to answer these questions by use of concepts of home displayed in films from Capra's Wonderful Life to Amenabar's Mar Adentro.

 

Pontifical University oh the Holy Cross © 2005 School of Istitutional Social Communication