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II edizione del Convegno "Poetica & cristianesimo": Il ritorno a casa

Il 27-28 aprile ha avuto luogo la seconda edizione del Convegno Poetica & Cristianesimo organizzato dalla Facoltà di Comunicazione Istituzionale. Il tema scelto per quest’anno è “Il ritorno a casa”. Da Ulisse a Don Chisciotte e fino a Frodo Baggins, la letteratura è piena di figure che sono in un senso o nell'altro in cammino verso casa.

Come spiegano gli organizzatori, “in qualunque modo ha inizio il viaggio: in esilio, nel bel mezzo di un'avventura o nel mondo impersonale della vita pubblica, l'ultima destinazione è sempre la "casa", luogo spirituale o fisico dove nessuno è mai straniero, luogo dove una persona trova legami che durano sempre, e dove scopre la sua vera identità e le proprie radici”.

“Il tema scelto per questo convegno, ‘Il ritorno a casa’, si pone come invito a riflettere sui frequenti parallelismi tra opere artistiche e religiose. In questo contesto - ha dichiarato il professore John Wauk, docente di ‘Letteratura e comunicazione della fede’ e membro del comitato organizzatore - la ‘casa’ si riferisce ad uno stato di genuina conoscenza interiore. Succede di frequente che nell’arte, nella religione, e in ogni campo della cultura e della politica noi ci troviamo a cercare fuori da ciò che realmente siamo, trascurando di cercare la nostra vera ‘casa’. Il forum Poetica e Cristianesimo aspira dunque a riflettere sui limiti del passato per porsi come ricerca di aspirazioni per il futuro”.

L’incontro interdisciplinare cui hanno preso parte, saggisti e studiosi di diversi ambiti e nazionalità come lo scrittore spagnolo Juan Manuel  de Prada, l’italiana Susanna Tamaro,  della storica americana Susan  Hanssen e del linguista polacco Bogdan Piotrowski, per riflettere su un tema, quello del ritorno a casa, che dal sumero Gilgamesh a Ulisse, da Don Chisciotte a Marco Polo e a Frodo Baggins, personaggio de "Il Signore degli anelli", è stato sovente oggetto di opere letterarie e artistiche. Durante i lavori del convegno gli attori Maia Monzani e Paolo Tommasi hanno letto alcuni brani tratti dai romanzi di Susanna Tamaro.

Nel corso delle sessioni pomeridiane sono intervenuti nelle  relazioni e tavole rotonde con interventi su scrittori, poeti, musicisti, registi di diverse epoche e provenienze. Alcune delle comunicazioni ci sono centrati su personaggi quali Meira Delmar, Chéjov, Omero, Eric-Emmanuel Schmitt, Charles Péguy, Karol Wojtyla, Cristina Campo, Schubert Chopin, Graham Greene, Frank Capra, Emily Dickinson, Philip K. Dick, Victoria Ocampo, Jorge Luis Borges, Evelyn Waugh.

Per la scrittrice Tamaro "il ritorno a casa" è "un percorso attraverso il quale l'uomo, fatto di corpo e anima, compie la sua piena realizzazione nella scoperta di una dimensione spirituale da vivere in profondità come fondamento della propria esistenza". Ma ciò comporta, ha chiarito la scrittrice, oltre alla "riconciliazione con se stessi e con chi si è lasciato", una profonda "conversione". Quest'ultima, ha sottolineato, "è la 'regina' delle parole forti che oggi si ha spesso paura di pronunciare, poiché implica la disponibilità a cambiare vita; anzi a camminare sulla stessa strada ma con occhi nuovi, vedendo ciò che prima non si poteva nemmeno scorgere". È quasi un rendersi conto, come afferma un suo personaggio, "di avere vissuto con gli occhi chiusi e il cuore d'acciaio", ma spesso provoca "un atteggiamento di ritirata". Perché tanta titubanza? "Perché - risponde Tamaro - per contemplare un orizzonte più ampio occorre prima abbandonare le false certezze di cui ci circondiamo e liberarsi dalla 'cinica claustrofobia' del nostro tempo che, in qualche modo, ci rassicura". Cruciale il ruolo delle "persone di fede, chiamate ad essere con la propria esistenza testimoni di un livello di vita diverso, libero da paure e chiusure. Uno stile di vita capace di contagiare, vorrei quasi dire di suscitare invidia e, in certo senso, spirito di emulazione".

Dell'"ambivalenza della cultura contemporanea" ha parlato il rettore dell'ateneo, Mons. Mariano Fazio, per il quale, tuttavia, "la natura ha conservato una sua capacità di bene" e di "apertura alla trascendenza". Facendo riferimento al campo di concentramento di Auschwitz e allo squallore delle sue baracche, "entrare in quella dove si trova la cella di padre Kolbe - ha osservato - è tornare a casa, riscoprire la propria identità di figli di Dio". Come lo scrittore inglese Chesterton, che dopo tanto "viaggiare", si rende conto che "la verità era accanto alla porta di casa: il cristianesimo". Ripercorrendo l'itinerario culturale che ha condotto alla modernità, tra illuminismo, romanticismo, nazionalismo, marxismo, positivismo e nichilismo, "in mezzo a questo mondo popolato da baracche ideologiche - ha annotato il rettore - vi è sempre una casa con porte e finestre aperte" e "una soglia da varcare che è, come ricordava Giovanni Paolo II, quella della speranza". "Tocca a noi - ha concluso - dare ragione della nostra speranza".

Defensor fidei": così Chesterton, "apologeta del cattolicesimo dopo la conversione avvenuta nel 1922" è stato definito nel 1936, in occasione della morte, da Pio XI. Ad affermarlo Susan Hanssen, dell'Università di Dallas, che ha messo in luce l'opera dello scrittore di celebrazione della cultura inglese. "Pochi", tuttavia, "nel panorama anglo-americano del ventesimo secolo lo hanno eguagliato in questo, a parte i tentativi di George Orwell in Gran Bretagna e di Russel Kirk in America". Quanto agli estimatori di Chesterton, per Hanssen "hanno accolto la sua diagnosi della cultura britannica, ma ne hanno ignorato il metodo critico che costituisce, invece, la sua eredità più significativa".

Un singolare "ritorno a casa" è per Mirian Diez, della Pontificia Università Gregoriana, quello della poetessa americana Emily Dickinson, rinchiusa nella sua camera dai 23 anni fino alla morte: "Per lei scrivere è vivere, e nella sua stanza accoglie Dio".

"La via del cristiano è la via del ritorno o la via della tensione infinita lungo la stessa linea?", si è chiesto il critico Lorenzo Marras. Analizzando la poetica di Charles Péguy ed alcuni passi della Lettera di San Paolo ai Filippesi, Marras ha affermato: "Se il cammino del viator fosse circolare, come l'idea di ritorno a casa sembra lasciare intendere, esso sarebbe un movimento inscritto nella logica della natura, e quindi escludente ogni azione di grazia". Non è un caso che "il ritorno richiama sempre un'interiorizzazione", mentre la via di Paolo e di Péguy sembra prospettare "una continua uscita da sé; un cammino dunque proteso in avanti" così come, ha concluso, è "il cammino cristiano della speranza".

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