È la mimesis una specie del genere metaforizzare?
Ilaria Vigorelli
Parrebbe luogo comune istituire capostipite della riflessione sulla metafora Aristotele, ma che cos’è metafora? È questa una domanda legittima? Interroga lo Stagirita? Quale confine marca al pensiero filosofico il discorso sulla metafora compiuto nella Poetica?
Richards ha sostenuto che sia un dannoso preconcetto considerare la metafora come qualcosa di speciale, eccezionale all’uso del linguaggio, quasi una deviazione dal suo uso normale e non piuttosto come “l’onnipresente principio di ogni suo spontaneo atteggiarsi”(1).
Si tratterà di distinguere l’uso metaforico delle parole dall’atto che istituisce la metafora, ossia la traslazione di significato.
Secondo la definizione in Poetica, 22, 1459 a, 14, la metafora è parola abituale anche se utilizzata in maniera «fuori del comune» [parà tò kúrion] (Poetica, 22, 1458 a, 23).
Quale l’intento aristotelico? Ci sono gli elementi sufficienti per affermare che la sua riflessione non solo fissi una posizione nel discorso alla parola presa in senso metaforico, ma che anche dica qualcosa sull’atto stesso del metaforizzare?
L’intervento cercherà una via per accostare queste domande, mettendo alla prova il testo di Aristotele a partire da alcuni spunti offerti da Jacques Derrida nel suo saggio “La Mitologia Bianca”, contenuto in Margini della filosofia (1972).
(1)Cfr. Richards, I. A., The Philosophy of Rethoric , Oxford University Press, London 1936, pp. 87-109; tr. it. La filosofia della retorica , Feltrinelli, Milano 1967, pp. 85-104.