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Atti del Convegno 2005

Acta Fhilosophica Atti del Convegno 2005 Atti del Convegno 2003

 

L’ambientazione come indicatore di finzione nel racconto biblico
Marco Fabbri

Nel 1938 Orson Welles mise in onda un programma che annunziava un attacco dei marziani contro la Terra. Milioni di ascoltatori negli Stati Uniti furono presi dal panico: non avevano capito che si trattava di finzione.

Nel 2001 ho assistito in un luogo pubblico alla trasmissione televisiva dell’attacco contro le Torri gemelle. Per un breve momento mi sono chiesto se fosse realtà o finzione. Le reazioni degli altri spettatori mi hanno permesso di sciogliere il dubbio: era realtà.

Sorge una domanda: si possono trovare in un testo, scritto o audiovisivo, elementi sufficienti per riconoscere che si tratta di finzione? O invece non si può esserne sicuri senza confrontare la propria reazione con quella degli altri destinatari della comunicazione?

La presente comunicazione si limita allo studio dei testi letterari, che vengono fruiti con la lettura. La prima opposizione che viene studiata è fra racconto fittizio e non fittizio. Non è chiaro se la dimensione lineare del testo sia sufficiente a stabilire che gli eventi raccontati vanno considerati realmente accaduti. Sembra più facile il percorso inverso: si possono riconoscere alcuni indicatori di finzione, facilmente riconoscibili dal lettore.

Uno di questi è l’ambientazione (setting), che permette di capire se gli eventi raccontati accadono in questo mondo, o in un mondo immaginario. Il racconto può essere ambientato nel futuro, come avviene in molti racconti di fantascienza; oppure in una geografia diversa da quella terrestre, come generalmente avviene nei racconti del genre "fantasy".

Il criterio individuato si rivela utile per leggere correttamente alcuni testi biblici. I libri di Tobia e di Giuditta sono ambientati in un mondo la cui geografia non corrisponde con quella conosciuta; inoltre, la durata della vita di Tobia padre eccede di gran lunga quella degli uomini del suo tempo. Il lettore non ignaro della geografia e della storia orientale antica viene così orientato a riconoscere che si tratta di un racconto di finzione.

Più complesso è il caso del libro di Daniele: la vita di Daniele, narrata nei primi capitoli, è ambientata a Babilonia nel VI a.C, all’epoca dell’impero neobabilonese; ma il trapasso dell’impero da Baltassar a Dario il Medo non ha riscontro nella storia antica. Il lettore capisce così che si tratta di un racconto fittizio. Invece la seconda parte del libro contiene le visioni di Daniele, che, pur riguardando eventi del lontano futuro, sono ambientate nelle vicende politico-militari del II a.C. I riferimenti a eventi particolari realmente accaduti si moltiplicano, quasi ad avvertire il lettore che si tratta di profezia ex eventu. Le visioni fittizie di un personaggio fittizio permettono all’autore di parlare di eventi reali. La cornice fittizia serve così a suggerire un giudizio sugli eventi contemporanei e una linea di condotta nella persecuzione religiosa in atto.

 

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