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PUBBLICATO IL "DIZIONARIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA"

Zenit, Codice: ZI05121211 - 12.12.2005

ROMA, lunedì, 12 dicembre 2005 (ZENIT.org).- È appena stato distribuito nelle librerie il "Dizionario della Dottrina Sociale della Chiesa" (Libreria Ateneo Salesiano pp. 840, ¬ 35,00), edito su iniziativa del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
Il volume è stato curato da monsignor Giampaolo Crepaldi, Segretario di questo Dicastero vaticano e dal professore Enrique Colom Costa, Ordinario di Teologia Morale della Pontificia Università della Santa Croce.
Il Dizionario conta 160 voci che consentono di spaziare in tutta l'area della Dottrina Sociale. Ogni voce contiene quattro sezioni: introduzione, punti del documento, rimandi e bibliografia.
Per saperne di più, ZENIT ha intervistato don Enrique Colom.
Da dove è nata l'idea e perché avete deciso di pubblicare un Dizionario di Dottrina Sociale?
Colom: L'idea è nata diversi anni fa. Il Santo Padre Giovanni Paolo II incaricò la preparazione di un Compendio di Dottrina Sociale della Chiesa al Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Allora il Presidente di questo Consiglio era il compianto Cardinale Van Thuân. Lui vide che, oltre al Compendio, poteva essere utile la preparazione di un sussidio che spiegasse in modo tematico i concetti più salienti della Dottrina Sociale della Chiesa, seguendo appunto il testo del Compendio. In questo modo si facilita la consultazione puntuale di un tema; inoltre, una voce del Dizionario o un insieme di voci collegate offrono una traccia efficace per preparare qualche lezione su tale materia. Va però indicato che il Dizionario non pretende né può sostituire il Compendio, in quanto quest'ultimo si propone come un autorevole riassunto del Magistero della Chiesa in ambito sociale.
In gran parte del mondo cattolico, anche ecclesiale, c'è l'idea che la Dottrina Sociale sia qualcosa che ognuno decide da sé, caso per caso, interpretando l'applicazione del Vangelo alle diverse situazioni. Mentre mi sembra di capire che sia il Compendio che questo Dizionario indichino un preciso e autorevole insegnamento magisteriale. È così?
Colom: È certamente così, ma non è un'innovazione recente. Occorre non dimenticare che il disegno divino, creatore e redentore, include la vita sociale umana, come palesano i frequenti riferimenti biblici ai doveri sociali. Tra questi, va ricordato il capitolo 25º del Vangelo di Matteo dove si mostra che gli obblighi sociali sono una precisa responsabilità di ogni persona per cui saremo giudicati nell'ultimo giorno. In modo congruente, il Concilio Vaticano II insegna che "il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna" (Gaudium et spes, n. 43). Ciò dovrebbe essere uno stimolo a conoscere meglio e, soprattutto, a praticare l'insegnamento della Chiesa in questo ambito. È anche vero che, alla fin fine, i doveri sociali comportano l'applicazione del Vangelo alle diversi situazioni. Ma tale applicazione non può discostarsi dagli insegnamenti autorevoli del Magistero. Perciò il Papa Benedetto XVI ha ricordato che i fedeli devono "assumersi sempre più le proprie responsabilità nella società, in particolare nel campo dell'economia e della politica, con un senso morale alimentato dal Vangelo e dalla Dottrina Sociale della Chiesa" (Discorso ai Vescovi del Ruanda, 21 maggio 2005).
L'intervento dei Vescovi in campo sociale è sempre più manifesto. Ma come si fa a distinguere l'intervento giusto da quello meno opportuno? Per esempio il Cardinale Camillo Ruini è intervenuto sulle vicende riguardanti la difesa della vita e della famiglia, ma ci sono Vescovi che sono intervenuti per opporsi alla costruzione di un termovalorizzatore. Cosa dice la Dottrina Sociale in merito?
Colom: In senso stretto, la Dottrina Sociale della Chiesa è il Magistero della Chiesa che riguarda la sfera del sociale. Ha le stesse caratteristiche e la stessa autorevolezza di tutto il Magistero. Non si deve confondere con le opinioni o le dichiarazioni di alcuni Pastori. Difatti la sua obbligatorietà dipende dal collegamento con la verità umana e cristiana: la Dottrina Sociale della Chiesa non propone soluzioni tecniche ai problemi; essa indica principi, criteri e direttive di carattere morale, vale a dire che favoriscono lo sviluppo integrale delle persone. Così la difesa della vita umana e della famiglia, che sono valori importantissimi per la crescita personale e sociale, è un atto dovuto di ogni cattolico (e anche di ogni persona che abbia a cuore il bene umano), indipendentemente dal suo schieramento politico e sociale. Come si fa a distinguere se un intervento appartiene alla Dottrina della Chiesa o è un opinione personale? Studiando meglio la Dottrina Sociale della Chiesa, leggendo e consultando frequentemente il Compendio e, mi si permetta, il Dizionario.
In Italia così come in quasi tutti i Paesi dove c'è libertà religiosa, si discute attualmente del rapporto tra Stato e Chiesa. Il principio di libera Chiesa in libero Stato, sembra non essere più sufficiente di fronte a forme di laicismo radicali intolleranti nei confronti della Chiesa cattolica. Qual è il punto di vista della Dottrina Sociale?
Colom: Il principio di libera Chiesa in libero Stato è corretto se ben interpretato. Non di rado però lo si intende nel senso che la Chiesa è libera soltanto entro le mura delle chiese. Si pretende di impedire il suo ruolo pubblico, propugnando che in questo campo i cattolici dovrebbero rinunciare alla propria Dottrina quando agiscono in una funzione pubblica: ciò è illusorio e ingiusto. Illusorio, poiché le convinzioni di una persona, derivate o meno da una fede religiosa, influiscono necessariamente su quanto tale persona decide e su come agisce; ingiusto, perché i non cattolici, per quanto si è appena detto, applicano in questo ambito le proprie Dottrine. Difatti, tutti i cittadini, siano o meno cristiani, hanno il diritto e il dovere di agire coerentemente con le proprie idee, rispettando le differenze e la dignità di ogni persona. Anzi, accantonare le proprie convinzioni nella vita politica, accademica, culturale, ecc., comporterebbe una mancanza di sincerità, che è una virtù indispensabile nei rapporti sociali. Perciò i cristiani, in particolare coloro che partecipano da protagonisti all'impegno complesso e gravoso della gestione della vita pubblica, non possono eludere la responsabilità di un'adeguata conoscenza dell'insegnamento sociale della Chiesa e di una pratica politica che sia con essa coerente.
Il relativismo morale e religioso, per anni presentato come il modello culturale per le società libere e democratiche, è secondo gli insegnamenti della Chiesa limitato e pieno di contraddizioni. Può indicarci che cosa dice in proposito la Dottrina Sociale e quale è invece il modello culturale e di convivenza sociale che possa assicurare la coerenza e la qualità dei principi morali e la difesa del bene comune?
Colom: In questo ambito è particolarmente importante non confondere la giusta autonomia dei cattolici in politica con la disattenzione nei confronti dei valori etici umani e cristiani. Non va dimenticato che le persone fanno crescere la comunità politica spinte dalla loro tensione naturale verso il vero e verso il bene perfetto. Anche in ambito politico l'intelligenza e la volontà umana sono costitutivamente orientate verso il vero e il bene e, di conseguenza, sono estranee allo scetticismo e al relativismo. Va però ricordato che la cultura odierna deve fare i conti con le difficoltà proprie del secolarismo e del permissivismo, che indeboliscono le risorse morali e veritative delle persone, anche di molti cristiani che vengono contagiati come per osmosi. Tali circostanze richiedono, sempre più pressantemente, di approfondire la formazione politica integrale per vivere con maggiore maturità e discernimento i propri impegni, se necessario con un comportamento controcorrente. Questo discernimento deve essere particolarmente accurato quando sono coinvolti verità e valori umani e cristiani essenziali.
Che cosa intende la Chiesa quando parla di Civiltà dell'Amore?
Colom: Il Nuovo Testamento insegna che "Dio è amore" (1 Gv 4,8.16), un amore che è costante donazione reciproca all'interno della Trinità. E, siccome l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, anche dell'uomo si deve dire che la sua più intima verità si trova nell'amore, nella donazione. Ciò, d'altro canto, è in perfetta sintonia con il comandamento nuovo di Gesù Cristo in cui vengono racchiuse tutta la legge e la predicazione profetica: esso ci mostra che il criterio primario per la crescita umana, e perciò anche per lo sviluppo della società, è il precetto dell'amore. Ciò è stato insegnato costantemente dalla Chiesa: Leone XIII nell'enciclica Rerum xnovarum ricorda che la carità è signora e regina di tutte le virtù e che, pronta sempre a sacrificarsi per il prossimo, è il più sicuro antidoto contro l'orgoglio e l'egoismo del secolo, vero rimedio per i mali sociali. Pio XI usa la nozione, molto significativa, di carità sociale; mentre Paolo VI, ampliando il concetto secondo le moderne e molteplici dimensioni della questione sociale, parlava di civiltà dell'amore. Di Giovanni Paolo II si potrebbero raccogliere moltissimi testi; è sufficiente ricordare due encicliche: la Dives in misericordia e la Sollicitudo rei socialis. Secondo le indiscrezioni dei mass media, l'enciclica che sta preparando il Papa Benedetto XVI parlerà anche di questo tema. Penso che un buon riassunto sull'importanza della civiltà dell'amore si trova nel numero 208 del Compendio: "Per tanti aspetti, il prossimo da amare si presenta in società, così che amarlo realmente, sovvenire al suo bisogno o alla sua indigenza può voler dire qualcosa di diverso dal bene che gli si può volere sul piano puramente inter-individuale: amarlo sul piano sociale significa, a seconda delle situazioni, avvalersi delle mediazioni sociali per migliorare la sua vita oppure rimuovere i fattori sociali che causano la sua indigenza. È indubbiamente un atto di carità l'opera di misericordia con cui si risponde qui e ora ad un bisogno reale ed impellente del prossimo, ma è un atto di carità altrettanto indispensabile l'impegno finalizzato ad organizzare e strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria, soprattutto quando questa diventa la situazione in cui si dibatte uno sterminato numero di persone e perfino interi popoli, situazione che assume, oggi, le proporzioni di una vera e propria questione sociale mondiale".