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Sapienza e scienza: territori di frontiera

Giulio Meazzini - http://www.cittanuova.it/art_ul01.asp?ID=14997 - 23/06/2006

Uno scienziato-teologo getta ponti tra la visione cristiana e quella scientifica del mondo. A colloquio col prof. Tanzella-Nitti
Alla fine tutto si è risolto in tribunale.
Il giudice del distretto di Dover in Pennsylvania (Usa) ha stabilito che la teoria del Disegno intelligente non può essere insegnata a scuola durante l'ora di scienze in quanto, non essendo una ipotesi scientificamente dimostrabile, violerebbe la separazione tra Chiesa e Stato sancita dalla Costituzione americana. I difensori del Disegno intelligente sostengono infatti che la complessità della natura non è frutto del caso e della selezione naturale, come insegna oggi la teoria scientifica dell'evoluzione, ma è opera di un Essere intelligente. Negli ultimi anni hanno cercato di dare basi scientifiche alla loro convinzione, in particolare evidenziando le lacune della teoria attuale, ma finora con scarso successo. Di qui la decisione del giudice americano.
Decisione ineccepibile dal punto di vista legale in quanto, se si vuole dimostrare che una teoria scientifica come quella dell'evoluzione è sbagliata, bisogna farlo con convincenti argomenti scientifici.
Esultano i vincitori, gli sconfitti si leccano le ferite. Discorso chiuso dunque? Non credo. L'argomento è più ampio di quanto sembri. La scienza non propone solo nuove scoperte e teorie, ma una vera e propria visione del mondo. Una visione globale ed esclusiva, con richiami al materialismo filosofico, e che non di rado pretende di spiegare tutto con le sole sue categorie di pensiero. Quasi una religione laica, insomma, che pone domande e sfide sempre nuove. E rende ancora attuale il dibattito sul posto che questa visione del mondo può avere nel processo formativo che la scuola propone ai ragazzi e ai loro genitori. Ne parliamo con qualcuno che sta spendendo la sua vita di uomo e di studioso per colmare il fossato che rischia di allargarsi tra scienza e fede: Tanzella- Nitti, professore di Teologia fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce a Roma.
Professore, lei ha lavorato per vari anni come astronomo e cosmologo. Secondo lei c'è un disegno razionale nell'universo?
Chi crede che Dio ha creato cielo e terra, crede certamente che la creazione risponde a un disegno, a un progetto, perché nessun agente agisce senza un fine. Tanto più se questo agente è Dio creatore. Il problema non è se ci sia un progetto o meno, ma quali discipline e quali metodologie siano in grado di riconoscerlo. Se lo chiedessimo alla scienza dovremmo rispondere che non può, da sola, dimostrare che esiste un progetto intelligente nel cosmo.
Chi può riconoscerlo allora?
Ritengo sia compito della filosofia o della metafisica. Sicura mente è compito della persona, di ognuno di noi. E nello scienziato possono coesistere sia la dimensione empirico-razionale che quella filosofica ed estetica, per cui egli può essere colpito dalla bellezza dell'universo, dall'armonia, dal coordinamento delle forme, può cogliere qualcosa che la mera analisi empirica non gli dice. Studiando la natura si può evincere l'esistenza di un progetto, ma non con i soli metodi della scienza.
Non è un po' triste che a decidere su questi aspetti debba essere un tribunale?
Il problema non è vietare o permettere che si insegni l'evoluzione o il disegno intelligente, se non si specifica in quali discipline tali argomenti vadano insegnati. Evidentemente in una lezione di filosofia può avere diritto di cittadinanza una visione dell'universo che non sia solo materialista, ma ponga come principio del cosmo un creatore intelligente. In una lezione di biologia questo non avrebbe senso. Una scuola o una università in cui vi siano solo visioni materialiste dell'uomo e della vita non sarebbe una scuola o una università completa, e quindi ritengo lecito che almeno in alcune discipline vi sia anche una visione non materialista della vita e del cosmo, ma non come programma per lezioni di biologia.
Anche se, mi consenta, resta vero che nelle scienze sorgono spesso domande filosofiche, a volte anche teologico-religiose. E la scienza non può rispondervi, sebbene lo scienziato, come uomo, non possa fare a meno di segnalarle.
La scienza sembra avere ormai una propria visione del mondo, una filosofia, un'etica... È la nuova religione?
C'è effettivamente il rischio che l'opinione pubblica faccia della scienza una religione. Lo scienziato in quanto tale non credo abbia questa pretesa, ma il nostro modo di mostrare la scienza attraverso i mass media a volte può assomigliare a quello di una religione. Dove il sacerdote in questo caso è lo scienziato che ci dice quali sono le cose più importanti, come andrà a finire, da dove veniamo e dove andiamo, che senso ha la nostra vita. Si tratta di risposte che magari lo scienziato interrogato in laboratorio non darebbe mai, ma attraverso la mediazione dei mezzi di comunicazione qualche volta potrebbe dare questa impressione. Anche perché, quando si parla di questi temi, si usano a volte immagini e metafore che l'opinione pubblica non sempre coglie nella sua giusta dimensione.
Di fronte alla visione scientifica del mondo c'è quella cristiana ...
In fondo, la visione più globale del mondo è quella che ci viene dalla Rivelazione, dalla Sacra Scrittura, nella quale tutto ciò che esiste dipende da Dio, che ha creato l'universo con una finalità, con la sua bontà, creando il tempo, desiderando di fronte a sé esseri personali fatti a sua immagine e somiglianza.
Il fatto stesso di dire che l'universo ha un inizio e tende a un fine è tipico della rivelazione cristiana. È una forte visione globale che dà unità a tutto l'universo e ha influito sulle diverse visioni del mondo che si sono succedute nella storia. La scienza invece non potrà mai dare una visione completa del reale perché il problema dell'intero, del tutto, resta un problema filosofico: nell'ordine delle cose misurabili c'è sempre qualcosa che ci sfugge... La scienza non può accedere a questa visione globale, però tende quasi inevitabilmente verso una descrizione globale del cosmo.
La scienza comunque si fa capire.
La divulgazione scientifica è arrivata ad un livello eccezionale di efficacia e semplicità di esposizione dei concetti più difficili, mentre filosofia e teologia spesso usano un linguaggio per addetti ai lavori, sia negli articoli che nei libri.
Io ho avuto esperienza di autentici maestri e grandi divulgatori anche in discipline filosofiche e teologiche, capaci di far comprendere le cose in modo chiaro, immediato e semplice. Se si sente la mancanza di buoni divulgatori in questi campi è perché teologi e filosofi hanno una minore sollecitazione, minore dimestichezza con i mezzi di comunicazione, mentre lo scienziato è quasi spinto, obbligato a divulgare, dalla grande richiesta di conoscenza scientifica. Non ci possiamo più limitare al catechismo: le domande poste dal progresso scientifico devono trovare risposte in una buona divulgazione teologica.
Come moltiplicare le occasioni di dialogo tra scienza e teologia?
Conoscendosi di più, facendo in modo che gli scienziati abbiano voglia di chiacchierare con teologi e filosofi; già lo fanno, ma possiamo farlo tutti ancora di più. E che i teologi non abbiano timore degli uomini di scienza.
Su Internet si moltiplicano i siti su scienza e religione ...
C'è una grande domanda di questi temi. Se si fa una ricerca di coppie di termini sul Web si scopre che la parola Dio è più facilmente associata a scienza che non a teologia. Naturalmente si tratta di siti molto diversi, sia come orientamenti che come contenuti. Non dimentichiamo che molta della domanda di spiritualità proveniente da ampie fasce dell'opinione pubblica, specialmente nei Paesi di origine anglosassone, spesso non ha il rigore della teologia cristiana. È magari solo ricerca di sintesi un po' affrettate tra dimensione spirituale e scientifica.
Possiamo dire che www.disf.org, il sito di Documentazione interdisciplinare di scienza e fede da lei realizzato, può essere una guida in questo campo?
Questo portale vuole fornire proprio un orientamento e del materiale di documentazione rigorosa, per coloro che si interessano di relazione tra filosofia, teologia e scienza. Per quello che mi risulta ne fanno largo impiego insegnanti di scuola e universitari che vi cercano risposte che magari non trovano sui libri di scienza o di filosofia dell'università. Sono risposte che collegano tra di loro dimensione scientifica e teologica.
Si sente qualche volta scoraggiato di fronte alla vastità e difficoltà dell'impegno di collegare queste due dimensioni ?
Ho pensato di iniziare offrendo alcuni strumenti utili, che fornissero risposte puntuali. E mi sembra che tanto il Dizionario di scienza e fede pubblicato tre anni fa, quanto il Portale www.disf.org svolgano bene questo ruolo, anche se, in quanto strumenti, non possono venire incontro a tutte le richieste di documentazione e chiarimenti su questi temi. Ma la scommessa essenziale, per avere un reale impatto culturale e non rimanere in pochi, ritengo sia quella di formare persone in grado a loro volta di sviluppare questo dialogo. Quindi cerco spesso di dirigermi a giovani ricercatori, già laureati in materie scientifiche, ai quali offrire la possibilità di ricevere una formazione filosofica e teologica che consenta loro di inquadrare le loro scienze in un contesto interdisciplinare più ampio. Insomma, formare persone giovani con competenze in entrambi i campi.
Un giovane interessato a questi argomenti concretamente cosa potrebbe fare?
Può mettersi in contatto attraverso il portale con la segreteria del DISF working group, il gruppo di lavoro sorto intorno all'esperienza di questo portale. Organizziamo mensilmente a Roma (il sabato mattina) dei seminari diretti a persone che hanno già una laurea di primo livello, possibilmente scientifica. C'è una newsletter gratuita che informa sugli aggiornamenti del sito e fornisce orientamenti su temi di attualità e argomenti di particolare interesse.
La passione per la sapienza può dunque andare a braccetto con quella per la scienza...
Credo che siano maturi i tempi perché la teologia veda nel pensiero scientifico non soltanto una fonte di problemi o di interrogativi difficili da maneggiare, ma una fonte positiva di speculazione intellettuale. Se noi oggi sappiamo che cosa vuol dire creatura in un mondo creato, lo sappiamo anche grazie a quel grande allargamento di orizzonti datoci dalle scienze. Quando diciamo credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, questa espressione, creatore del cielo e della terra, dice ad un cristiano del XXI secolo molto di più di quello che poteva dire ad un cristiano di alcuni secoli fa. E questo di più è anche merito delle conoscenze scientifiche che ci fanno comprendere quanto è grande e bello questo mondo di cui Dio è creatore. Se riusciamo a comprendere la Rivelazione, a interpretarla, a enucleare la parola di Dio con maggiore ricchezza e verità, ciò avviene non solo grazie alle scienze storiche e umane, ma anche con il contributo delle scienze naturali.
Per questo ci vuole da parte del teologo un atteggiamento positivo, unito ad una discreta competenza scientifica, per poter discernere quelli che sono i risultati certi delle scienze da quelli che non lo sono. E quando i risultati fanno parte del dominio di conoscenze ormai acquisite e certe, devono essere tenuti presente dalla teologia. Anche se questo a volte potrebbe obbligarci ad un approfondimento, a una rilettura, a un parziale rimettere in discussione alcune cose; ma per una maggior coerenza del tutto.
Mi sembra di capire che c'è un impegno richiesto in modo particolare ai credenti ...
La missione dei cristiani in mezzo al mondo è quella di portare il mondo a Dio, ricapitolandolo in Cristo. Questo lo possiamo fare solo conoscendo questo mondo, illuminando alla luce della rivelazione cristiana il lavoro umano, compreso quello tecnico e scientifico. Tutto quello che contribuisce al progresso umano è parte di quel processo di ricapitolazione con cui Cristo riporta nello Spirito il mondo al Padre. Quindi non possiamo lasciare che il progresso prenda strade diverse da quelle che conducono a Cristo. Compito dei cristiani è lasciare che sia lui a guidare il progresso, ma lo può fare solo attraverso il lavoro di coloro i quali nel suo nome sapranno illuminare la tecnica, la medicina, l'economia, il diritto, l'istruzione, ovvero tutto ciò che contribuisce a far progredire l'essere umano.